[...] Il primo buio è quello di Fernando Pessoa. Un buio difficilmente affrontabile se non passando attraverso la vita del suo creatore.

Pessoa, infatti, è un personaggio affascinante e, per certi versi, inquietante. Un letterato che, fino al giorno in cui fu in vita, nulla aveva pubblicato se non su qualche rivista culturale... Ma andiamo con ordine.

Nato nel 1888 a Lisbona, Pessoa passò la giovinezza nel sud dell'Africa (Duran, per i precisi), dove il padre era console del Portogallo, rientrando nella città natale solo all'età di diciassette anni dove, tanto per concludere le due note biografiche, rimase fino alla morte (avvenuta nel 1935), lavorando come impiegato contabile per una ditta di import-export.

Personalmente ho sempre pensato a Fernando Pessoa come a un'opera d'arte a se stante e a prescindere da ciò che della sua arte ci ha lasciato. Un vero e proprio romanzo di cellule e di organi, la metafora stessa della narrativa. Un uomo che, dietro le sembianze di una vita apparentemente normale, nascondeva la complessità schizofrenica del capolavoro. Il capolavoro sagomato, anzitutto, sulla propria pelle e tra i propri neuroni.

Una complessità quella di Pessoa che nessuno, finché fu in vita, seppe cogliere appieno, limitandosi a considerarlo un buon letterato, o poco più. Solo al momento della sua morte, quando gli amici più affezionati vollero aprire il baule dei suoi manoscritti scoprirono che... breve suspance. Scoprirono che la cultura portoghese degli ultimi trent'anni era, per la sua quasi totalità, uscita dallo strano cappello di Fernando Pessoa o, meglio, di Fernando Pessoa e di tutti quei personaggi che la sua schizofrenia o la sua genialità (difficile dirsi) avevano creato, costruendo, per ognuno di essi, un carattere, una personalità, una precisa biografia, uno stile di vita e un preciso linguaggio poetico. Uomini come Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Alvaro de Campos e tanti, tanti altri, che avevano animato la letteratura portoghese creando movimenti d'avanguardia, riviste culturali, incontrandosi e dividendosi sulle nuove istanze della letteratura europea, addirittura stroncandosi con impietose critiche, corrispondendo tra di loro in fitti carteggi. Alla morte di Fernando Pessoa morì così anche il grande teatro che egli aveva costruito lasciando un segno indelebile nella storia della letteratura e, prima di tutto, il segnale della finzione che si mischia totalmente con la realtà.

Bernardo Soares, autore del libro dell'inquietudine, è uno di questi personaggi invisibili e presenti tra le strade di Lisbona. «Un uomo dall'apparente età di trent'anni» lo descrive lo stesso Pessoa presentandolo ai lettori in una breve prefazione: «magro, piuttosto alto, esageratamente curvo quando stava seduto, un po' meno quando era in piedi, vestito con una certa non totale trascuratezza».

L'inquietudine di Bernardo Soares è quella di un uomo comune (anch'egli impiegato di concetto come il suo creatore) a cui la vita ha dato la facoltà di vedere oltre l'apparente e di cogliere l'immenso nel minuto. Come dice bene Antonio Tabucchi, nell'introduzione all'edizione italiana del libro: Bernardo Soares è un uomo «taciturno e solitario, egli se ne sta dietro i vetri, come il vecchio Flaubert, a spiare la vita. Una vita esterna e reale ma che si svolge estranea a lui, anche se gli transita accanto; e una vita interiore e inventata: perché la finestra di Bernardo Soares ha le imposte che si possono aprirsi sui due sensi, sul fuori e sul dentro. E anche quel "dentro" è un luogo estraneo e ignoto al suo abitatore: un "dentro" in affitto»

È, il libro dell'inquietudine, un diario cosmico che spesso assomiglia più al diario di bordo dell'Interprise che alle considerazioni di un uomo vissuto nei primi decenni del Novecento, ma è anche il racconto di una vita operato da quel grande chirurgo che è la realtà, quella realtà attraverso la quale Bernardo Soares riesce a vivisezionarsi fino a portare il lettore dentro i più minuscoli anfratti del corpo umano e così in fondo all'anima delle cose da rendere palpabile la sensazione di estraneità e di solitudine che, sublimata, ci porta a tessere relazioni con la gente che ci circonda. Bernardo Soares, invece, prende la strada opposta: si isola per sentirsi e con la sua prosa ci conduce nel deserto della solitudine umana [...].



Massimo Silvano Galli

L'inquietudine di Pessoa  

da: Lezioni dalla Narrativa -corso di scrittura creativa (1994) di Massimo Silvano Galli
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