C'è una frase all'inizio di un romanzo di Miller che, mi pare, possa sintetizzare la direzione di tutta la sua opera e di Tropico del Capricorno soprattutto. Il romanzo é Primavera Nera e la frase dice: «Ciò che non é in mezzo alla strada é falso, derivato, vale a dire: letteratura».

L'opera di Miller é -appunto- in mezzo alla strada, é l'opera di un uomo che, per scrivere, si trasforma in marciapiede e racconta dell'Uomo che osserva calpestarlo dall'alto. Non si tratta, tuttavia, di una trasformazione in fiction. Non si tratta di letteratura e, paradossalmente, si tratta della sola letteratura possibile. Miller non si siede davanti ad un tavolino, con carta e penna, cercando d'immedesimarsi in un uomo sdraiato in mezzo ad una strada; egli scrive sdraiandosi direttamente in mezzo alla strada.

Da lì, da quella posizione, scompare la necessità di raccontare storie, il punto di vista é esattamente capovolto e, quello che si vede, é la più grande storia del mondo. Una storia fatta di immagini, di visioni, di ricordi e, quando non rimane che il vuoto, di incubi e deliri.

Non ci sono personaggi in Tropico del Capricorno, c'è lo Scrittore, anzi, spesso solo la scrittura, la parola. Quando compare l'uomo é, sempre e comunque, un uomo sconfitto sin dal principio, sconfitto da sempre e per sempre.

È un uomo invisibile, é l'uomo anonimo che riempie il mondo, é l'uomo che per la storia, passata e presente che muove le cose, non esiste. Sì, perché quel fondo da cui Miller viene e descrive la vita é anche il fondo della società dove regna la peste dell'emarginazione, della povertà e dove l'occhio pietoso e schifato del benessere resta a guardare sospeso nel vuoto della sua indifferenza.

Quel che succede in questo mondo di uomini ridotti ad un silenzioso grido di disperazione altro non é che il risultato delle vite cosiddette normali per un attimo riflesse in uno specchio deformante.

Tutto ciò che per un uomo comune può essere il quotidiano diventa una dirompente miscela d'ossessioni e violenza di cui il rapporto col sesso e con l'alcol mostrano l'esatta radiografia.

L'uso esasperato dell'alcol e del sesso per il sesso, scevro delle consuetudini borghesi dell'amore, sono, per chi popola questo mondo, il solo anestetico possibile per contrapporsi ad un'esistenza sempre rassegnata al peggio.

Non é Henry Miller, come alcuni ingiustamente sostengono, uno scrittore di pornografia, bensì uno scrittore che ha trovato nel sesso l'arma più feroce per liberarsi dalle consuetudini.

Il sesso consumato dai suoi personaggi é più che una perversione, un atto di profonda disperazione in cui ognuno di essi sembra gridare contro il mondo intero. Se gli occhi del perbenismo rimangono scandalizzati (come fu - il libro rimase censurato per diversi anni) dai personaggi di Miller, ben venga... quello che vogliono questi personaggi é soprattutto spaccare questo mondo usando il proprio sesso come mortaio.

Il capolavoro di Henry Miller sta nell'aver messo in scena, con una veridicità che forse mai prima di allora s'era veduta, un uomo che sfiora continuamente l'abisso del suicidio e, toccando con mano il punto di non ritorno, manifesta i segni della bestia che é in lui e che secoli di civiltà hanno seppellito.

La volgarità diventa così arte e s'impossessa della parola per essere poesia, ma non é una volgarità fine a sé stessa, é il linguaggio apocalittico di una stella improvvisamente caduta in un mondo di barbari dediti all'uso del verbo coitare invece di fottere o chiavare.

Ogni parola nelle pagine di Miller é una pietra scagliata contro le consuetudini che imprigionano l'uomo. Egli é l'uomo che si é liberato cancellando il passato e il futuro per vagare senza certezze tra le pieghe del giorno dopo giorno. In questo viaggio alla deriva di sé non ci sono storie che valgano la pena di essere raccontate, non c'è inizio né fine, c'è bensì un universo dove il caos regna incontrastato.

Lo scrittore, l'artista, si abbandona a questo caos e inventa, all'interno di esso, un moto perpetuo e schizofrenico dove tutto partecipa alla sua descrizione e decodificazione. Così, nelle pagine di Miller troviamo la vita al momento della sua nascita e della sua morte, il punto iniziale e finale di un ciclo continuamente rimandato a un dopo che pare sempre pronto a venire.



Massimo Silvano Galli

Miller ai tropici   

da: Disincartamenti -critica e saggistica di Massimo Silvano Galli
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