Il problema della droga e della sua diffusione è anche un problema di mercato. Per questo semplice motivo tentare di andare oltre le motivazioni insite nel rapporto droga/disagio e provare per un attimo a mettersi dall'altra parte: dalla parte degli introiti, degli interessi, significa penetrare nei meccanismi elaborati dei processi comunicazionali che reggono le sorti del sistema sociale in cui viviamo e, di fatto, cambiando prospettiva, approdare a nuovi elementi di comprensione, strumento indispensabile per chi quotidianamente lavora a contatto con queste tematiche.

A sostegno di questa tesi e quasi a determinare una metafora che stabilisce la dipendenza consumistica nella mercificazione del mondo e dei suoi abitanti, ci giunge da tempo dalla futurista made in U.S.A. un vocabolo che (ultimamente anche in Italia) sta a designare gli ipermercati e le grandi distribuzioni. Il vocabolo in questione è appunto Drugstore, parola composta, formata da Drug ("droga") e Store ("provvista-riserva").

Per chi riconosce nella lingua un valore importante nell'indagine del reale questa semplice considerazione nasconde un concetto importantissimo e, per quanto risaputo, quasi mai posto come meriterebbe all'interno delle numerosissime discussioni: la droga cioè, come vera e propria merce, soggetta agli andamenti e alle necessità di un mercato che ha un suo proprio marketing e una sua precisa strategia di diffusione e vendita.

Non si tratta solamente del ritrito concetto: droga=mafia=danaro, ma di una vera e propria struttura per nulla differente dalla struttura che regola il commercio delle mortadelle, piuttosto che delle calze di nylon o delle automobili; e non è certo nell'illegalità che la droga si trasforma in qualcosa di diverso da un prodotto.

Anzi, l'illegalità della droga contribuisce a farne il prodotto per eccellenza, che proprio nell'illegalità trova il più alto contributo al suo valore aggiunto. Il concetto di "droga" è di fatto un simulacro a cui qualsiasi prodotto tende, poiché la droga è "Il Prodotto".

Sappiamo infatti quanto la propaganda commerciale inciti al consumo e, anzi, trasformi il consumo in sublimazione capace di alleviare le frustrazioni derivanti dall'impossibilità o dall'incapacità di contrapporsi alle afflizioni quotidiane, al senso di smarrimento della vita moderna.

L'individuo, afflitto e disilluso dall'alienazione e dalla spersonalizzazione dell'esistere, si rifugia nell'acquisto di beni per lo più inutili ma indispensabili quali espedienti di gratificazione, per sanare la propria insoddisfazione.

Contemporaneamente l'effetto pubblicitario trasforma il prodotto in droga di modo che ogni acquisto produca insieme euforia e asservimento, spingendo ogni volta a un nuovo acquisto.

Questo, per quanto ridotto ai minimi termini, è il sistema persuasivo su cui si fonda la propaganda commerciale, in breve: un meccanismo psicologico che fa leva sul bisogno dell'uomo contemporaneo di essere riconosciuto come vivo e gli offre, nell'acquisto di una merce, la possibilità di fare propri elementi distintivi altrimenti non acquisibili, come: salute, benessere, successo, bellezza, piacere, rispetto sociale, potere etc. (il valore aggiunto).

A nessuno sfuggirà a questo punto lo strettissimo legame che fa della droga il prodotto per eccellenza, il prodotto dei prodotti. La pubblicità trova infatti nella droga il suo simbolo di aspirazione e la sua validità è data dalla misura in cui riesce a far sognare il suo fruitore, o meglio, a dargli l'illusione che attraverso quel prodotto la sua vita sia destinata a migliorare.

In entrambi i casi si tratta comunque di una vera e propria fabbrica di desideri che hanno come vincolo alla loro realizzazione l'acquisto di un prodotto-droga che non racchiude in sé nessuna taumaturgia ma che attraverso la soddisfazione di un piacere temporaneo rinnova continuamente le sue promesse istillando la necessità di nuovi bisogni e associando al loro consumo desideri umani con i quali essi non hanno nessun reale rapporto.

Così facendo il consumatore (sia inteso in senso lato) non acquista nei fatti né il prodotto né le sue magiche promesse, ma semplicemente la possibilità di continuare a sognare.

Approdare a questa consapevolezza significa aggiungere un nuovo elemento nella comprensione del fenomeno droga. Capire cioè che i mercanti di droga hanno di fatto un vantaggio rispetto a chi vi si contrappone: sono perfettamente correlati al concetto di fondo che sottende le scelte, gli obiettivi, le strategie della società in cui viviamo.

L'escalation delle nuove droghe è un mirabile e preoccupante esempio di queste riflessioni. Anzi, è l'esempio più eclatante di come la merce droga sia riuscita, proprio con l'ecstasy e tutte le cosiddette "Nuove droghe", a radicarsi talmente bene nel tessuto sociale da evadere persino dal legame settoriale del disagio, del gruppo, dell'iniziazione, della contestazione, per diventare -in tutto e per tutto- un semplice e incisivo fatto di costume, di moda.

Nel seguire le sue evoluzioni qualsiasi marketing-man avrebbe da imparare e qualsiasi imprenditore si roderebbe nell'invidia di un tale successo.

Nel giro di pochissimi anni infatti le nuove droghe sono riuscite a passare da un fenomeno di tendenza legato a qualche discoteca ad un vero e proprio complemento per le discoteche tout-court. Con una perfetta strategia di marketing si sono legate a doppio filo alla musica e ai costumi di un'epoca trasformandosi in un vero e proprio kit indispensabile alla fruizione del divertimento per poi diffondersi nel quotidiano.

Non è un caso che i suoi consumatori non si riconoscano nel profilo classico del tossicodipendente, poiché -paradossalmente- essi non acquistano un prodotto per "evadere dalla realtà" (come spesso accadeva con le "vecchie droghe"), ma per entrarvi.

Il consumo dell'ecstasy equivale di fatto alla possibilità di accedere ad un altro consumo e, per estensione, alla società tutta, alla sua logica.

Le "Nuove Droghe" cancellano l'immaginario del tossicodipendente come figura deviata e, con un restyling degno di una grande campagna pubblicitaria, aprono un nuovo corso destinato a trasformare radicalmente il mercato della droga e i suoi clienti.



Massimo Silvano Galli

Il mercato della droga   

da: Drugstore -ed. Coopperativa Lotta Contro l'Emarginazione, MIlano (1997) di Massimo Silvano Galli
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