"Ivan, lo vuoi fare un gioco?".
Avevo chiuso la porta e mi ero seduto al centro della stanza.
Stringevo tra le mani un aereoplanino di carta e lo facevo roteare sopra la testa.
"Sì, facciamo a chi arriva più lontano.".
Guardavo verso la finestra e gli occhi si perdevano, oltre la silhouette del mio viso infranta nei riflessi del vetro, sopra i garage grigi delle auto e, più in là, sotto la pioggia.
"Va bene. Facciamo che io ero il comandante.".
Il motore dell'aspirapolvere, attutito dal muro, poteva essere il rombo dell'aereo che solcava immaginarie nubi tracciando sciee biancastre per desideri di estati lontane da venire.
"E io cosa faccio? Lo voglio fare io il comandante.".
Fuori un pomeriggio noioso si stava consumando fra passaggi di ombrelli dagli svariati colori. Sono i grandi -avevo pensato in uno dei tanti giorni analoghi che fanno l'inverno- i grandi che sanno cosa fare anche con la pioggia.
"Allora mettiti vicino a me e quando dico via, lanciamo. Chi arriva più lontano è il comandante.".
"Non rubare, però!".
Si sentì allora un rumore sordo e il frastuono dell'aspirapolvere piano si affievolì fino a scomparire.
"Ivan mi hanno colpito il motore," urlai a squarciagola, "devo buttarmi con il paracadute.".
In quel momento si aprì la porta e mia madre comparve sulla soglia: "Chi è Ivan?" chiese, sorridendo stupita.
Mi voltai imbarazzato e la guardai. Poi allungai il braccino e glielo indicai col dito.

 

Massimo Silvano Galli

In un giorno d'inverno   

da: Arazzi Senza Cornice -romanzo (1896) di Massimo Silvano Galli
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